PRODOTTI e RIFIUTI nel 2013

Il cambiamento climatico e la scarsità delle risorse sono le due questioni globali più essenziali della nostra economia “usa e getta”; mentre le economie emergenti costruiscono la loro infrastruttura, la crescita della richiesta per materie prime è uno dei fattori che mette più pressione al prezzo delle risorse. La produzione di cemento globale è più che raddoppiata dal 1990, 70% più velocemente che la crescita globale del pil. Consumiamo ormai 1.5 volte le risorse che il pianeta può rigenerare ogni anno, due volte tanto le risorse che consumavamo 50 anni fa. Negl’ultimi 30 anni abbiamo consumato un terzo delle risorse del pianeta. Andando avanti così, fra 20 anni useremo due volte le risorse attuali ogni anno. L’80% delle foreste sulla terra sono già scomparse, e il 40% dell’acqua dolce non è più potabile. Se tutti consumassero al livello degli americani, servirebbero quattro pianeti, al livello di un italiano, ne servirebbero due. Ma ce n’abbiamo solo uno.

Per la Terra il 28 agosto 2012 è stata una ricorrenza tristemente significativa: era l’Earth Overshoot Day, la giornata in cui ufficialmente si esauriscono le risorse rinnovabili che il pianeta è in grado di generare in un anno. In meno di otto mesi abbiamo fatto fuori la scorta di dodici e per il resto dell’anno dovremo vivere a sbafo. Consumando beni naturali che il nostro pianeta non è in grado di rigenerare, tagliando foreste che servono a riossigenare l’aria che respiriamo, pescando pesci che nei nostri mari già scarseggiano, prelevando acqua da fonti che non si ricaricano. Per mettere il tutto in contesto, nell’anno 2000 l’Earth Overshoot Day fu’ raggiunto il 1mo Novembre, nel 1987 il 19 Dicembre. Nel 2050, se continuiamo così, sarà raggiunto dopo soli 6 mesi, a inizio Luglio.

l’Italia, con 188 litri d’acqua in bottiglia per abitante all’anno , detiene il primato europeo. Perché’ i ristoranti non servono più una caraffa d’acqua dal rubinetto, quando spesso l’acqua pubblica è più pulita ed ha ricevuto più controlli di quella privata? L’acqua è un bene pubblico, perché’ abbiamo lasciato che Nestle, Coca-Cola e Pepsi la privatizzassero? Solo nel nostro Paese, è
ormai un giro d’affari pari a 2,25 miliardi di euro che usa oltre 6 miliardi di bottiglie di plastica all’anno, che determinano l’immissione in atmosfera di oltre 1,2 milioni di tonnellate di Co2. Solo un terzo delle bottiglie viene avviato correttamente al riciclo, mentre la gran parte continua a finire in discarica o ad essere dispersa nell’ambiente; per l’85% dei carichi si continua a preferire il trasporto su gomma.

Produciamo anche due volte più rifiuti di 30 anni fa, pari a 2 kg per persona al giorno. Per ogni kg di rifiuti di prodotti di consumo, ci sono 70 kg di rifiuti nei vari livelli della catena di produzione per produrre quel prodotto. 99% di tutti i beni prodotti oggi saranno stati “buttati via” entro 6 mesi, ovvero saranno finiti in una discarica, e la maggior parte dei prodotti non possono essere riciclati, sono ibridi mostruosi di prodotti organici, minerali e tossici, difficili da separare. Mischiamo le risorse con prodotti tossici per fare prodotti; più di 100.000 prodotti chimici vengono usati per la produzione per beni e cibi, ed infatti il cibo con più tossine di tutti nelle catena alimentare è quello in cima, il latte della mamma umana.

Sostituendo i beni comuni gratuiti con i beni privati da comprare, abbiamo istaurato un ciclo vizioso dove il degrado dei beni comuni è il motore della crescita economica. Nel sistema attuale, nuove tecnologie e nuovi prodotti continuano a distruggere tecnologie e prodotti attuali, le società perciò non possono sopravvivere semplicemente riducendo i costi, senza crediti non ci sarebbe innovazione, senza innovazione non ci sarebbe crescita.

La vita dei prodotti viene continuamente diminuita, la durabilità dei prodotti di consumo viene eliminata dalla progettazione e sostituita con l’obsolescenza. l’obsolescenza programmata e percepita è uno delle peggiori calamità della società “usa e getta”: la qualità è sostituita con i volumi. La società “usa e getta” non è solo una conseguenza dell’avarizia del consumatore ma un pre-requisito strutturale della sopravvivenza del sistema. La novità è diventata un requisito per l’avanzamento dell’espansione economica. Un oggetto non è solo più un oggetto, i prodotti giocano un ruolo importante nella vita che va al di la della loro funzionalità materiale: sono un estensione di se stessi, un modo per comunicare con il resto della società. Il materialismo ha rimpiazzato la religione, la vendita al dettaglio è una terapia che funziona quando le cose vanno male.

I prodotti nuovi costano di più perché fatti in piccola scala, ma sono anche venduti ad un sovraprezzo apposta per attrarre coloro che possono permettersi di pagare per una distinzione sociale. Dopo la distinzione sociale viene l’emulazione sociale. i ben di consumo forniscono un illusione di felicità, ma fallendo a realizzarla, lasciano aperta la porta per continuare a stimolare l’appetito per cose nuove. La cultura di consumo si perpetua appunto perché è cosi brava a fallire.

Le società multinazionale sono ormai diventate più grosse e forti dei governi. Dei 100 governi più grossi del mondo, 51 sono società multinazionali, non ci dovremmo sorprendere perciò se i governi ormai sono più interessati alla felicità delle multinazionali che alla felicità dei suoi cittadini.

L’erosione di risorse nei paesi di terzo mondo garantisce al complesso industriale un’infinita provvista di operai che lasciano le loro terre sfruttate e i loro eco-sistemi distrutti per andare a cercare lavoro in città, spesso finendo in ghetti.

Non siamo per natura troppo deboli o pigri per resistere al potere manipolativo delle pubblicità, ma siamo alla pietà del paragone sociale. Le istituzioni pubbliche sono utilizzate per la crescita del consumismo, l’economia dipende dal consumo per la propria sopravvivenza. Il desiderio irrequieto del “se vuoto” è perfettamente complementare all’irrequieta ricerca dell’innovazione; ma questo sistema motivato dall’ansia non ci da un vero progresso sociale. L’ansiosa ricerca delle novità rovina il nostro benessere ma il sistema economico continua a funzionare finche la liquidità è preservata e il consumo continua a crescere, collassa però quando qualunque di questi due fattori rallenta.

Bisogna dunque avere una nuova struttura economica.

PRODOTTI, CONSUMO e RIFIUTI nel 2040

Occorre consumo cosciente e responsabilità d’impresa. Se continuiamo a comprare merci alla cieca ci rendiamo complici del danno che causano; se invece iniziamo ad interrogarci sulle loro politiche possiamo contribuire a influenzare il mercato. Votiamo ogni volta che acquistiamo qualcosa: vogliamo prodotti locali e biodegradabili, o prodotti chimici che arrivano dall’altra parte del mondo?

Ce’ bisogno di una riconversione produttiva delle aziende che analizza i comportamenti d’impresa e i loro effetti economici e sociali, accompagnata nel primo periodo da un mercato regolamentato che garantisca uno mercato alla produzione locale e biodegradabile. L’imprese stesse dovrebbero orientare la propria condotta secondo criteri che non si limitino a massimizzare l’utile, ma comprendono anche obiettivi d’interesse sociale, come ad esempio cooperative che abbiamo la missione principale di garantire il soddisfacimento di bisogni e interessi dei propri membri.

Per rimanere nei limiti ambientali ed evitare un collasso delle risorse naturali, ci sarà bisogno di uno sforzo politico significativo, cambiamenti di comportamento della domanda dei consumatori su larga scala e le aziende dovranno condurre uno spostamento massiccio della tecnologia per ridurre l’uso intensivo delle risorse, con meno focus sulla produttività e più focus sul lavoro. I prodotti di consumo devono fare parte di un ciclo di riciclo, eliminando i rifiuti nelle discariche. Dovremo ri-inventare la produzione per assemblare i prodotti minerali e organici in modo che siano facilmente disassemblati, gradualmente modificando le linee di assemblaggio così che i prodotti organici e non-organici (da riciclare) siano facilmente scorporati, assicurandosi un vero riciclo perenne dei prodotti rari e vergini e un ritorno alla terra dei prodotti organici; mentre i prodotti tossici devono essere subito eliminati. Bisogna fare compost di tutti i materiali organici, soprattutto nell’agricoltura, per prevenire emissioni di metano e catturarlo per creare energia.

Ci sarà bisogno di introdurre standard per la durabilità dei prodotti di consumo e il loro riciclo, e dovremmo offrire alla gente alternative fattibili al consumismo.

Nel settore industriale, i motori inefficienti usano il 64% dell’energia totale di questo settore; un ricambio di tutti i motori industriali risparmierebbe la metà dell’energia e ci ripagherebbe in 16 mesi. L’80% del calore ed energia industriale arriva da cinque settori: carta/cartone, prodotti alimentari, prodotti chimici, metalli e raffinerie petrolifere; queste industrie trarrebbero beneficio più di tutte le altre con centrali elettriche di cogenerazione. Inoltre, più di un quarto dell’elettricità usata nel settore industriale è usata da pompe, i comuni usano tantissime pompe per pompare acque bianche, grigie e nere. Rimpiazziamo le pompe vecchie e inefficienti e ridisegniamo il sistema idraulico municipale per massimizzare l’efficienza, introducendo il riciclo delle acque grigie e nere tramite fitodepurazione e catturando acque piovane.

La produzione di alluminio è una dei più intensivi processi d’uso di energia, ma il 95% dell’energia può essere risparmiata se le lattine vengono riciclate. Più del 50% delle lattine non vengono riciclate, 50 miliardi di lattine vengono buttate via ogni anno al mondo, la maggior parte degli elettrodomestici fatti in alluminio fa la stessa fine. Inoltre, 50 miliardi di bottiglie di plastica PET vengono buttate via ogni anno, 29 miliardi di bottiglie di vetro; di media, 9 bottiglie/lattine buttate via per persona alla settimana. I rifiuti per cittadino in Italia sono 500 kg/anno, e questo è solo una piccola percentuale di tutto il processo e i rifiuti industriali causati per produrre quei 500 kg. Trasformiamo i rifiuti da problema a risorsa, con più raccolta differenziata a partire dal livello comunale. Immaginati un futuro dove 100% di questi prodotti fossero riciclati.

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