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Per prima cosa, dobbiamo ristrutturare il sistema monetario per fare tornare il potere di creare il denaro in mano alla banca d’Italia, e non alle banche private. Le banche devono tornare a fare il lavoro per cui sono state create: essere l’intermediario tra i risparmiatori e chi chiede prestiti, non per creare il 97% del denaro. Quando le banche private erogano prestiti devono trasferire denaro vero da risparmiatori a chi chiede il prestito, non creare denaro dal nulla, aumentando il debito privato. Dobbiamo poi evitare una crescita artificiale dell’economia creata dalle banche semplicemente aumentando la liquidità monetaria; dividendo il ruolo di creare denaro e le decisioni di come spenderlo fra due enti separate del governo, per evitare conflitti d’interessi. Per terza cosa, dobbiamo creare denaro solo quando l’inflazione è bassa e stabile, per evitare continue bolle economiche sempre più dannose. Infine, il denaro creato dalle banche deve essere investito nell’economia reale, dove lavorano il 98% delle persone, non solo nel mercato immobiliare e prodotti finanziari, e le banche devono essere più trasparenti su come investono i nostri risparmi.

Modificare l’assetto economico è una sfida imponente considerando quanto i suoi meccanismi si siano ormai radicati nei comportamenti individuali, d’impresa e di governo. Ma è una sfida che può essere vinta, abbandonando il consumismo e concentrandosi su un’economia affidabile, capace di resistere agli shock esterni.
La popolazione e le risorse fisiche sono le due sole grandezze che devono rimanere costanti, in equilibrio. Al contrario, qualsiasi attività che non impegni troppe risorse non rinnovabili e non contamini gravemente l’ambiente può continuare a svilupparsi senza limiti, come l’istruzione, l’arte, la musica, la letteratura, la religione, la filosofia, la ricerca scientifica, lo sport o le attività sociali.
A questo proposito, l’economista John Maynard Keynes disse: “Idee, conoscenza, scienza, ospitalità, viaggi, queste sono cose che per natura devono essere internazionali; ma lasciate che i beni siano prodotti localmente ogni qualvolta che ciò sia ragionevole e conveniente, e soprattutto, che la finanza sia principalmente nazionale.”
La crescita dei redditi non vuole automaticamente dire crescita del benessere ed infatti a volte ottiene l’effetto opposto. Il Paradosso di Easterlin (o paradosso della felicità) afferma che quando il livello di reddito è basso, un suo aumento è in grado di esercitare un forte aumento positivo sul benessere; ma quando il reddito è già alto, ogni nuovo aumento ha un impatto sempre minore. Questo appiattimento avviene in particolar modo dopo il raggiungimento di un livello di reddito pari ai 15 mila euro pro capite l’anno in un paese sviluppato, che coincide all’incirca con il reddito sufficiente a soddisfare i bisogni di base (cibo, acqua, alloggio, abbigliamento, assistenza sanitaria). Non si deve perciò abbandonare la crescita in tutto il mondo, ma la si può concentrare nei paesi più poveri dove può ancora fare una vera differenza.