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New York ha un’impronta ecologica due terzi più bassa in rispetto all’americano medio, grazie al fatto che la mobilità in città è prevalentemente pedonale o con mezzi pubblici. Le città ed il governo dovrebbero investire in azioni per diminuire gli aumenti di temperature, campagne ad alto impatto visivo che creerebbero anche posti di lavoro, come ad esempio campagne dei tetti bianchi in centri urbani per aumentare la riflettività del pianeta.

Un’importante componente della prosperità è l’abilità di partecipare in modo significativo alla vita sociale. Mettendo ordine alle nostre vita, focalizzandoci sugli essenziali e sulla semplicità. Consolidando le cose importanti e riducendo impegni non necessari si aumenta la resistenza a shock esteriori. Siamo diventati abituati a perseguire la felicità tramite beni materiali, ma il cambiamento può essere espresso nel modo in cui viviamo, cosa compriamo, come viaggiamo, come investiamo, come passiamo il tempo libero, che lavoro facciamo, e con la pressione che mettiamo sui nostri capi di Stato. Attivismo popolare e impegno comune, la ricerca di una semplicità volontaria.

I “leader” politici continueranno a essere timidi su come risolvere la crisi ambientale finche questo movimento di massa raggiungerà un punto critico, in Italia questo numero si aggira intorno alle 600.000 persone. Attivismo grassroots sul territorio e online è essenziale per costruire questo movimento; manifestiamo non per protestare, ma per costruire, per creare.

Per misurare il benessere, per misurare la prosperità di una società, abbiamo bisogno subito di indici alternativi. Ce ne sono tanti, e i più interessanti sono elencati sotto: anche se farebbe comodo rimpiazzare il Pil con un indicatore singolo, serviranno probabilmente diversi indicatori per misurare le diverse variabili.

L’Impronta Ecologica: misura l’impatto della società umana sugli ecosistemi. Calcola l’ammontare di terra biologicamente produttiva necessaria per sostenere una determinata popolazione, in base ai suoi stili di produzione e consumo, a tutti i materiali che vengono utilizzati nel processo economico, alla coltivazione degli alimenti consumati e all’assorbimento di rifiuti ed emissioni, oltre che la terra necessaria ad ospitare infrastrutture.
L’Indice di sviluppo umano HDI (Human Development Index) dell’Onu valuta la qualità della vita, calcolando l’aspettativa di vita, l’istruzione e il reddito.
Lo GPI (Genuine progress index) sottrae le spese negative dal Pil, come ad esempio i costi a lungo termine legati ai danni ambientali, la riduzione delle risorse e dell’ozono, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, la perdita di foreste, paludi e terreni agricoli; sottrae i costi sociali come il crimine, il costo delle rotture famigliari e dell’inquinamento acustico; aggiunge il volontariato e lavoro domestico, ed è adattato in base alla distribuzione del reddito, del tempo libero, della durata della vita dei beni capitali e delle infrastrutture pubbliche. Il Pil in 50 anni si è triplicato, ma il GPI è salito solo leggermente.
L’Happy planet index e La felicità interna Lorda: Misurano gli anni di “vita felici” rispetto alla sostenibilità ambientale. Il Costa Rica è il primo paese al mondo. Oltre a misurare il benessere materiale (ricchezza, reddito, consumo), misura anche lo stato di salute fisico e mentale, il livello di istruzione (conoscenza e comprensione del mondo in cui si vive), attività personali (tra cui il lavoro), il coinvolgimento nella vita politica e sociale, la qualità dei rapporti interpersonali, la qualità dell’ambiente presente e futura, la sicurezza economica e fisica.

Nell’Italia che vedo, dovremo misurare la prosperità con metriche diverse. Promuoviamo il risparmio invece del consumo, la stabilità invece che la crescita. Investiamo i nostri risparmi in eco-bonds. Il debito pubblico diventa nazionale, la moneta anche: torniamo ad essere padroni del nostro destino. Lo Stato e le aziende italiane formano una partnership ed insieme investono nell’infrastruttura e nell’economia del 21esimo secolo, portando occupazione a milioni di persone, soprattutto giovani, che tornano a sognare. Un’economia sostenibile finanziata dai cittadini italiani, che diventano i veri artefici della Grande Transizione.