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Si può continuare la politica dei tagli alla sanità senza gravi danni al servizio? Solo un approccio diverso alla salute del cittadino che privilegi il paziente rispetto alla burocrazia sanitaria, può condurre a un’ottimizzazione dell’impiego delle risorse e a migliorare la qualità e l’equità sociale, per creare un sistema sanitario economicamente efficiente con un focus su cure preventive, promuovendo benessere fisico e mentale, una dieta più sana e locale, più conoscenza olistica di come rimanere sani e più educazione sulla sanità a scuola. Una cultura di prevenzione sia nella medicina che nella società. Senza però dimenticare che la sanità e la sicurezza sociale sono la più grande industria di servizi del Paese. Promuoverla significa anche sostenere lavoro e innovazione.

La liberalizzazione dei servizi pubblici è un arma a doppio taglio: mentre liberalizzare gli orari delle farmacie può essere una buona idea, il patrimonio dello stato va utilizzato per portare ritorni ai cittadini a lungo termine, non svenduto per risanare bilanci. E mentre ci possono essere alcuni casi, soprattutto nell’edilizia dove può avere un senso vendere immobili statali; l’acqua, l’educazione, la sanità, il trasporto, l’internet e almeno un canale televisivo devono essere pubblici e non devono essere liberalizzati. Occorre una attenzione particolare per lo sviluppo delle imprese micro-piccole-medie, che in Italia contribuiscono all’81% dell’occupazione, molto di più della media europea del 67%.

I policy makers devono formulare un ambizioso piano di strategie a lungo periodo che simultaneamente assicuri una prosperità diffusa ed equamente distribuita, riconduca la finanza al suo ruolo di appoggio all’economia reale, protegga il buon funzionamento degli eco-sistemi naturali e favorisca il pieno sviluppo fisico ed intellettuale degli individui. Progettare nuove soluzioni di politica con la partecipazione della comunità è il modo più efficiente per avere la fiducia dei cittadini ed è rappresentativo dei valori del popolo.

Nel 2012, l’Unione Europea ha chiesto al governo Monti la liberalizzazione dei servizi pubblici locali, la revisione delle norme di assunzione e licenziamento, la riforma delle pensioni e la riduzione dei costi pubblici.

Mentre ce’ sicuramente bisogno di riforma del lavoro per diminuire la burocrazia ed incentivare l’occupazione, e ce’ anche bisogno di riformare un sistema delle pensioni e sindacati antiquato, bisogna però farlo con cautela, proteggendo le fasce di cittadini più poveri. Nelle parole di Nelson Mandela, “una nazione non dovrebbe essere giudicata per come tratta i suoi cittadini migliori, ma i suoi cittadini di più basso rango.”

La spending review lanciata nel 2012 ha ridotto le retribuzioni dei manager pubblici e i benefit dei politici, come le auto blu, e ha permesso di risparmiare 12 miliardi di costi per l’amministrazione pubblica. Queste misure devono continuare focalizzandosi soprattutto su un taglio degli sprechi, una guerra alla corruzione, e una riduzione dei ritardi di pagamento dell’amministrazione alle imprese. Deve essere introdotto un principio generale di trasparenza della pubblica amministrazione, secondo il modello del Freedom of Information Act degli Stati Uniti. Il bilancio pubblico deve essere comprensibile a tutti i cittadini e deve essere messo a confronto con quello di altri Paesi. Tagliare però i costi solo per fare felici le banche europee e garantire loro interessi sui debiti non è nell’interesse del popolo; cosi come il governo ha concesso aiuti alle banche, adesso riducono finanziamenti a servizi sociali come salute, educazione, trasporto e sistema di previdenza. La crisi nata a causa del sistema finanziario si trova ad avere un impatto vero sui lavoratori e pensionati.