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Potenti gruppi di interesse investono in campagne pubblicitarie per fabbricare “il consenso del popolo” come se fosse un qualsiasi prodotto. Le teorie economiche ipotizzano che l’uomo sia razionale e ottimizzatore, ma l’uomo sbaglia, non programma, si fa ingannare, segue il comportamento della massa e si fa trascinare dalle emozioni. I gruppi e le lobby che si oppongono alle leggi a favore dell’ambiente sono otto volte più grossi di quelli che le promuovono. Il loro prodotto è “il dubbio”, che mettono in concorrenza con “i fatti” per promuovere “controversie”. Un memo interno dell’industria petrolifera dice “riposizioniamo il cambiamento climatico come teoria invece che come fatto.” Per esempio, la Exxon Mobil finanzia 40 gruppi per manipolare i risultati scientifici sul cambiamento climatico. Queste campagne di propaganda hanno avuto tanto successo anche perché i leader politici spesso ne sono coinvolti, e anche a causa del ruolo dei mass media, che le amplificano rendendo il pubblico più sensibile a queste campagne di disinformazione.

Nel 1989 le aziende petrolifere, automobilistiche e di estrazione minerale hanno formato il Global Climate Coalition (GCC), che ha cominciato una campagna di disinformazione che rifiutava l’esistenza del riscaldamento terrestre. Il picco d’intervento pubblico per salvaguardare l’ambiente infatti fu nella seconda metà degli anni ‘80, appena prima che questa campagna di propaganda cominciasse. Durante la presidenza di G.W. Bush il ramo esecutivo era un partecipante attivo in questa politica di disinformazione sulla serietà e urgenza della crisi. La persona a capo della politica ambientale veniva dall’industria petrolifera e adesso lavora alla Exxon Mobil. Metteva frasi scritte dall’industria petrolifera nei report sull’ambiente, cancellando quelli degli scienziati.