Se si mettesse un prezzo sul carbone emesso, il valore degli alberi che assorbono carbone sarebbe molto più alto di quello che varrebbero come legname. Ad un prezzo di $30/tonnellate di carbone un ettaro di foreste, che cattura 500 tonnellate di co2 varrebbe $15000, mentre porterebbe $300 come legname/pascolo. Con un prezzo di $30 sul carbone, la deforestazione diminuirebbe del 80%.
Un albero che vive 20 anni cattura la maggior parte del carbone fra il quarto e il tredicesimo anno, con un picco fra il sesto e l’ottavo anno, è perciò meglio tagliare alberi da ardere prima dei 4 anni e alberi per costruzioni che ritengono il carbone nel legno dopo i 15 anni. In Umbria per esempio, da anni esistono pratiche di taglio sostenibili dove ogni ettaro non può essere tagliato più di una volta ogni 20 anni, lasciando un albero ogni tot metri per promuovere la ricrescita, promuovendo così la rigenerazione continua della foresta.
La Cina pianta più alberi di quelli tagliati in Brasile, ma acquista e distrugge foreste in Africa. L’Africa ha perso il 50% del carbone organico del suo suolo, ed alcuni stati con terreni molto degenerati hanno bisogno di fertilizzanti nel breve termine. Ogni cittadino in Cina deve piantare 3 alberi all’anno; se ogni persona al mondo piantasse almeno due alberi all’anno potremmo recuperare gli alberi persi nell’ultimo decennio in 10 anni. Nelle foreste tropicali, questo porterebbe anche lavoro a stati meno sviluppati.
La forestazione aiuta a stabilizzare i cicli naturali delle piogge e alcune piante, come la canna da zucchero, fanno da tampone ecologico per proteggere da fuochi e alluvioni. Servono attività di preservazione ripristino degli ecosistemi naturali, pratiche di pesca sostenibile, gestione delle risorse acquifere.