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Il debito pubblico non è necessariamente una cosa negativa se è un debito che lo Stato ha con i propri cittadini, specie se questi ultimi hanno da parte una consistente quantità di risparmio privato. Il Giappone detiene il record di un rapporto debito/Pil che si avvicina al 200%, una percentuale che sarebbe insostenibile per qualsiasi altro paese, ma che in questo caso non determina alcun allarme perché il 95% del suo debito pubblico è detenuto dagli stessi risparmiatori giapponesi. La trasformazione del debito pubblico in debito prevalentemente domestico consente di tenerlo alla larga dalla speculazione internazionale. Se il debito degli italiani fosse in mano agli italiani, lo Stato e i cittadini insieme potrebbero determinare tassi di interessi più sostenibili del 4%, esente da imposte.

L’Italia ha un grosso vantaggio: anche se il debito pubblico è alto, il debito privato dei cittadini è basso. Gli italiani hanno un debito privato del 44% del loro reddito, contro l’82% della media europea e il 128% degli Usa. Siamo trentesimi al mondo come Pil pro capite (28.000 euro), ma le famiglie italiane si trovano al quinto posto nel mondo per ricchezza finanziaria posseduta. La ricchezza degli italiani è ampiamente sufficiente per sostenere integralmente il debito pubblico nazionale: gli italiani hanno un patrimonio di quasi 9.500 miliardi di euro, di cui il 38% in attività finanziarie, pari a più di 500 miliardi di euro. Una ricchezza male distribuita (il 10% più ricco della popolazione possiede il 45% della ricchezza totale), ma che è più di dieci volte superiore a quanto serve ogni anno allo stato per rifinanziare il debito pubblico in scadenza.

Questo non è il momento di introdurre nuove misure d’austerità per una nazione già con l’acqua alla gola come l’Italia. Non è neanche il momento di continuare ad indebitarsi con banche e istituzioni estere, legandoci indefinitamente alla loro sorte. Se dobbiamo aumentare il debito pubblico per investire nel futuro dell’Italia, facciamolo creando una partnership fra lo stato e i cittadini, un vero Green New Deal, con investimenti massicci in lavori pubblici, non “Grandi Opere” ma migliaia di progetti su territorio, nelle comunità, dove avranno più impatto, dando così milioni di posti lavoro ai giovani. Un investimento pari al 5% del Pil (100 miliardi di euro) all’anno, nel Green New Deal, darebbe lavoro in Italia a un milione e mezzo di persone.